Una macchia bianca là in mezzo alla lava
richiama la mia attenzione: piccoli fiori, la vita si aggrappa
e sboccia ogni volta che può. Poi una macchia rossa che mi sorprende: coccinelle che assorbono il calore dell’Etna.
e sboccia ogni volta che può. Poi una macchia rossa che mi sorprende: coccinelle che assorbono il calore dell’Etna.
Vapori sulfurei impregnano l’aria, zolle
morbide di terra fusa affondano sotto i passi, soffi caldi di fumo affiorano
gonfi e si dileguano fini pochi metri piu’ su. Non parliamo, ascoltiamo la voce
dell’Etna e del vento. Si rivolgono a noi? Io rispondo con i miei passi discreti,
i miei sguardi. Mi ascoltano?
Il cane del rifugio che ci accompagna è di casa e non ha bisogno di chiedere, corre, salta, si rotola sulla neve ghiacciata e la lecca, gioca dove gli pare.
Continuo ancora un poco sul fianco ondulato.
Spacchi tondi prima incandescenti ora opachi e silenziosi bucano la terra nera,
ma non è deserto sterile di minerali aridi, qui la vita ribolle e si sente
anche quando non schiamazza.
Poi la strada finisce. Ora saliamo a fatica
scivolando indietro un po’ ad ogni passo sui frammenti di lava. Odore di zolfo
più intenso, bocche che sbuffano fumo, rumori di tonfi e di rombi.
Ci lascia arrivare fino a guardarci occhi
negli occhi, mi accosto con rispetto e timore e poi accetto grata l’invito a
restare un poco a conoscerlo.
Con gran meraviglia intravedo il suo cuore che
scalda, preme, stringe, rilascia, avvolge di nuovo e mi avvince.
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