domenica 21 gennaio 2024

Dal rifugio Mulaz al rifugio Pradidali—Alta Via N. 2 delle Dolomiti, seconda tappa

 
Al passo delle Farangole, 2814 m.
Oltrepassata la soglia del Mulaz, rieccomi circondata da picchi aguzzi e frastagliati. Questa parte di mondo ancora mi sorprende, ma la riconosco in me, mi rispecchia in certe pieghe del mio essere. Provo sorpresa e rivelazione al tempo stesso.
Sono pronta anche oggi a calcare questa realtà rivelata, a scoprire, a vedere ciò che mi è ancora celato che potrà scatenare la mia immaginazione…

Ci avviamo sul sentiero pietroso, diretti al passo delle Farangole.

Da subito percepisco il terreno a ogni appoggio, la mia andatura acquista spontaneamente un ritmo consono alle mie forze del momento, il respiro è regolare e disteso. Mi sento integrata in questo ambiente di rocce, di neve, di animali invisibili.

Attraversiamo un nevaio su buone tracce e ci arrampichiamo verso una fessura tra le rocce, aggrappandoci a un cavo.


Quasi arrivati al Passo delle Farangole. Foto di Eric.
Sul versante opposto, ci aspetta il sole. Mi affaccio sul passo delle Farangole e ne ricevo il benvenuto, luce dorata e tiepido calore mi avvolgono, ricordandomi i più bei abbracci umani che mi abbiano mai stretta.

Affacciata sul Passo delle Farangole, 2814 m.
Ora la discesa è scoscesa ma facilitata da una scala e da cavi. Presto la massima attenzione calandomi sui sassi, scegliendo quelli che mi paiono più stabili, tastandoli prima di caricarli del mio peso.
Raggiunta la base di questa spaccatura rocciosa e distolto lo sguardo attento dai miei passi, mi rendo conto di trovarmi in una fantastica distesa bianca di Dolomia. Fantastica e surreale per me, che non avevo mai visto, ma neanche immaginato, un tale ambiente. Un po’ di bellezza in più che lascio entrare in me assorbendola, per nutrirmi e stimolare le mie visioni.




Dopo pranzo su uno scampolo d’erba tra le pietre, la ripartenza in salita mi è un po’ faticosa. Forse è così per tutti, perché il ritmo impartito da chi sta in testa è, fortunatamente, blando. Mi muovo, ancora stupita, sulle pietre bianche tra picchi dai mille intagli, aranciati dal sole. Visione o realtà?

Forse la realtà è una visione?


Ci arrampichiamo verso il passo delle Comelle, oltre il quale ci lasciamo scivolare sull’altopiano delle Pale di San Martino. L’altopiano si estende ampio su un terreno, di nuovo, biancastro e luminoso, e chiama, invitando ad andare avanti, ad andare lontano.
Un luogo che potrebbe essere mitologico e che, a ragione, sembra abbia ispirato Dino Buzzati per l’ambientazione de “Il deserto dei Tartari”.
Appare come un pianoro sassoso, arido e deserto. Ma deserto per me non è. Ferve di bellezza e di vita. Le sento fermentare. Per me è come una tabula rasa dell’immaginazione che lascia campo aperto a ogni idea.

Il rifugio Rosetta, mentre attraversiamo l'altopiano
Ma poi il cielo si chiazza di nuvole dense e cupe. Arrivano a blocchi e cominciano a spargersi in ogni direzione. Annuso l’aria, scruto gli alti strati del cielo là dove ancora si può: la pioggia non è imminente ma potrebbe arrivare.
Continuando, ora più svelti sull’altopiano, salutiamo dal basso il rifugio Rosetta che, dato il tempo incerto, decidiamo di evitare per raggiungere senza deviazioni la meta della giornata.
Intanto, le nubi si infittiscono, impregnando l’aria, e rapidamente i colori si smorzano: il bianco delle pietre si opacizza, i picchi luminosi si spengono, andando a confondersi con il cielo grigio.

Oltrepassiamo un nevaio scivoloso e riprendiamo a salire.
Il cielo è sempre più scuro e le nubi sempre più pesanti, ormai pronte, sembra, a riversare a terra, su di noi, il loro carico di acqua.


Abbiamo ancora una discesa da percorrere fino al rifugio. Parte ripida e scivolosa, poi spiana un poco e quindi continua scoscesa. È lunga, ma non mi sento scoraggiata. Resto attenta ai moti dell’aria senza preoccuparmi troppo. Vado avanti semplicemente, cercando di non cadere, concentrata sull’atto del camminare, tutt’una con il movimento, con il mio respiro.

L’ultimo tratto è piano e ci porta al rifugio Pradidali, circondato e sovrastato dalle guglie che ora spuntano appena, abbrunite, dalla nebbia.
Forse domani ci sarà il sole e non mi voglio perdere l’alba.

Nubi al rifugio Pradidali




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