martedì 21 marzo 2017

Castore

Verso il Castore
La notte al rifugio Quintino Sella sento il vento sbattere contro le pareti e il tetto, inarrestabile. Mi rigiro cercando di sprofondare in quel rumore che si spegne ad ogni botto in un’eco soffocata, fino ad addormentarmi. Vento che spazza il cielo o che porta nubi, chi lo sa? Che mi porti ora nel sonno.


Il rifugio Quintino Sella
Alle 7 quando ci troviamo per la colazione, fuori tutto è biancastro di aria gelata. Il vento è ancora forte e nella corsa immobilizza tutto in uno strato di brina.


C’è fermento in rifugio, si vuole partire. A turno qualcuno si affaccia alla finestra, poi azzarda l’uscita. Vento, vento, gelo.

Ma presto quasi tutti si serrano gli abiti, fissano i ramponi, si soffermano pochi secondi appena al di là della porta a tastare il gelo al respiro, poi partono. Avanti sul ghiacciaio.



Noi no, aspettiamo che il vento cali, dicono che si calmerà un poco, portiamo pazienza.

Due ore dopo l’aria è ancora biancastra e noi aspettiamo ancora seduti a un tavolo. Tranquilli ma non troppo per non assopirsi, pronti a scattare se il vento si quieta.

9.30 ed ecco i primi rientri: intirizziti, le giacche ricoperte di brina, le guance in fiamme al calore del rifugio:
“Troppo vento. Ok fino al passo, ma in cresta era troppo pericoloso, l’abbiamo appena raggiunta poi siamo tornati”.
Stanchi ora, cercano qualcosa di caldo.

Ma io, paziente, vedo ora un bagliore di sole nell’aria che da biancastra si sta facendo azzurrina.

Persiste?
Persiste e si estende.

Alle 10 il vento si è placato, il ghiacciaio risplende, il cielo si fa trasparente e noi partiamo.
Risaliamo il ghiacciaio del Felik su un fondo perfetto che aggancia i ramponi, li tiene quel tanto, li lascia senza sfaldarsi né cedere. È un piacere percorrerlo ora. Cambi di pendenza si alternano e ci portiamo alle pendici del Castore verso il passo del Felik.

Saliamo e raggiungiamo la cresta.


L'inizio della cresta
Lunga, affilata, una linea sottile da seguire stando in equilibrio, sono calma, attenta e entusiasta.
In mezzo alle cime che ci attorniano e si distendono a strati lontani. Elementi puri da percepire e assorbire.




La linea diritta raggiunge la cima del Castore. È uno spazio piccolo. Incrociamo altre due persone che arrivano da una via diversa, ci scambiamo di posto, poi ci portiamo su un cocuzzolo scendendo di pochi passi su un altro versante e ci sediamo qualche minuto.

Siamo tra i picchi del Monte Rosa e più in là il Cervino, il Gran Paradiso, il Monte Bianco…


Dalla cima del Castore, 4223 metri
Ci riaffacciamo all’imbocco della linea di cresta, lungo cammino che unisce, e la ripercorriamo all’inverso.

Sono in alto e procedo, al di sopra delle chiacchiere inutili.
Momenti di liberazione per sbarazzarsi del superfluo, riconoscere e ritenere il vero.

Poi tranquilli sul ghiacciaio che spazia ondulato, riguadagniamo il rifugio.





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