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Mönch a sinistra e Jungfrau a destra da Kleine Scheidegg |
Da Kleine Scheidegg – quattro
alberghi, due bar e un paio di negozi di souvenir –
raggiungibile soltanto in treno e punto di partenza di innumerevoli sentieri,
un altro treno sale verso i ghiacciai, fino alla Jungfraujoch. Siamo gli unici passeggeri con zaino e piccozza tra
una folla di persone perlopiù dai tratti asiatici che vuole raggiungere i 3500
metri del ghiacciaio e farci una passeggiata.
Fino a una quindicina di anni fa, chi sbarcava sul
ghiacciaio della Jungfrau poteva appena averne un assaggio, qualche passo sulle
nevi senza superare le corde che delimitavano una piattaforma. Ed era
emozionante per chi mai aveva messo piede su un ghiacciaio!
Oggi la Jungraujoch è diventata un luna park che
risponde solo all'avidità del business. A 3500 metri, un controsenso di negozi,
ristoranti, bar, una teleferica lungo cui scivolare attaccati con
un'imbragatura per "ammirare il paesaggio", così declamano, e da cui
partono grida e risate da ottovolante. E la camminata di tre quarti d'ora in
piano e proprio sul ghiacciaio per raggiungere il rifugio del Mönch e lì
sorbirsi una qualche bevanda venduta a peso d'oro e servita maleducatamente.
Ne avevo un ricordo diverso e oggi, raggiuntala, me la
lascio alle spalle, diretta – mai allora l'avrei immaginato – al Mönch.
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Il tracciato sul ghiacciaio che conduce dalla stazione della Jungfraujoch alla partenza per il Mönch e al rifugio |
Per una mezz'ora ancora ci mischiamo ai visitatori di
giornata su quello stesso cammino verso il rifugio, ma ci fermiamo alla
bandiera svizzera che segna la deviazione per la grande montagna.
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L'imbocco della via per il Mönch |
La giornata è bella dopo le piogge e nevicate di poche
ore fa. Fissati i ramponi, guardo il cammino dinanzi a noi e respiro
profondamente per partire.
Il cammino è vario: un tratto sul ghiacciaio ci porta
alle rocce e cominciamo ad arrampicarci sulla cresta. Pietra e poi neve e
quindi ancora pietra. Ci sono poche cordate oggi e procediamo tranquilli.
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Tra nevi e rocce verso la cima |
Tra spinte di gambe e tirate di braccia, passaggi su
rocce innevate, poi neve, poi roccia, fatico sì, ma è un piacere. Non c'è noia,
c'è energia vibrante e c'è bellezza.
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Si sale (foto by Marc) |
Raggiungiamo così la cresta sommitale, una lama
innevata da percorrere. La mia attenzione è concentrata ancora di più su ogni
passo, su ogni dettaglio di passo che deve essere preciso e solido. Respiro e
cammino tranquilla e allerta.
Non guardo, né sono tentata di guardarli, i
dirupi ai miei lati per non distrarmi, il mio sguardo è focalizzato su quella
striscia sottile che sento consistente sotto a ogni passo: il mio pensiero
scorre insieme al mio corpo su di essa, sostenendolo.
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Sulla cresta sommitale, mi volto a guardare il cammino percorso |
Incrociamo un gruppo in discesa e cautamente scendiamo
di qualche centimetro passando accanto a loro che intanto si sono fermati e,
immobili, ci lasciano sfilare.
La cima è breve con un piccolo piano. Siamo soli per
qualche minuto sopra i ghiacciai e tra i picchi.
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Dalla cima del Mönch, 4107 metri, vista della Jungfrau |
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Il ghiacciaio dell'Altesch dalla cima del Mönch |
Quando arriva un'altra cordata di tre persone, ci
dobbiamo spostare e stringere in quel poco spazio.
Pieni di montagne attacchiamo il ritorno.
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In discesa lungo la cresta |
Di nuovo il passaggio a fil di lama nel silenzio che
la concentrazione crea.
Poi la discesa sulle rocce e il breve tratto fino alla
bandiera.
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Ritornati alla base del Mönch, raggiungiamo il rifugio poco distante
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