Calanque di Sugiton |
Scogliere rocciose incise in profondità verso l’entroterra, intrise di mare
e percorse dai venti. Soffiano in ogni fenditura liberando sabbia e polvere e
turbinano in ogni cunicolo.
Seguo la costa ansiosa di lasciarmi alle spalle i
borghi chiassosi. Abbandono finalmente la strada e scendo fra i sassi infilandomi
tra due pareti per risalire presto e rivedere il mare.
Ma è una bella giornata di primavera ed è festa e non
posso sfuggire alla folla che percorre il mio stesso cammino costiero per la
spiaggetta sul fondo dell’anfratto.
Nemmeno una discesa ripida e scivolosa ci ferma e ci
troviamo in fila nel dirupo al passo dei più incerti a cercare col piede
appoggi solidi per non franare con le pietre.
La spiaggetta è inclusa tra le rocce, delizia in un’alba qualunque, ma oggi invasa dalla nostra colonia umana rumorosa.
Anch’io sono folla e pertanto la seguo, bipede coperto da indumenti che cammina col gruppo, anche se non schiamazzo.
Ma è troppo freddo il mare oggi, immergo le mani, una
dopo l’altra, desiderosa di buttarmici dentro, ma alla fine manco tolgo gli
scarponi. Mi allungo invece sulla spiaggia e mi lascio scaldare dal sole e riempire
di brezza.
Anche stavolta però la mia irrequietezza presto mi
spinge a rialzarmi.
Quando riparto, risalita la scarpata lascio il
sentiero per andare a vedere il mare dalla punta di scoglio che ci piomba a
picco. Distesa blu-verde fino all’orizzonte, mentre dietro di me ecco la
spiaggetta colma e le barche pesanti di folla che ci arrivano, ma senza
fermarsi, via acqua per ammirare le gole selvagge. Quando la folla si muove
incontra la folla.
Calanque d'En-Vau |
Continuo dall’ultimo scoglio seguendo ora il profilo
della riva rocciosa in tutti i suoi contorcimenti, dentro tra i cespugli
mediterranei poi fuori a toccare di nuovo il mare. Passo su e giù tra i sassi e
mi sforzo di dimenticare la folla che procede lineare sul sentiero più interno.
Ma è solo allontanandomi dalla costa che rimango quasi
sola con la montagna e il mare. Pochi scelgono Marseilleveyre, la collina-montagna
di Marsiglia, un percorso biancastro di sassi calcarei, fiorito di macchia
mediterranea.
Verso Béouveyre |
Ci arrivo dal picco gemello, Béouveyre, una settantina
di metri più basso e una bellissima scarpinata fino al pianoro della cima.
Su Béouveyre, 366 metri ufficiali |
Da qui vedo le scogliere dentellarsi sul mare in un
gioco di acqua, sale, sole, vento e terra, e appena più a ovest vedo la croce
che marca Marseilleveyre.
In un saliscendi attraverso altre rocce e arbusti ci punto
e vi sbuco, un cocuzzolo arrotondato e accogliente, un po’ più popolato della montagna
gemella, ma pieno di passaggi appartati dove sdraiarsi sui sassi e sprofondare.
A sud osservo il mare che incessantemente cerca le
scogliere, dà, prende, rimescola, ritorna a scambiare.
Se mi volto, la grande Marsiglia dalle protuberanze
incongrue grigiastre che mi immobilizzano i pensieri e allora, noncurante, scivolo
ai moli e poi alle onde che mi trasportano di nuovo sugli scogli selvaggi.
Sulla cima di Marseilleveyre, 432 metri |
Nessun commento:
Posta un commento