venerdì 27 maggio 2016

Tra spiagge e falesie nelle Calanques di Marsiglia e Cassis

Calanque di Sugiton
Scogliere rocciose incise in profondità verso l’entroterra, intrise di mare e percorse dai venti. Soffiano in ogni fenditura liberando sabbia e polvere e turbinano in ogni cunicolo.

Seguo la costa ansiosa di lasciarmi alle spalle i borghi chiassosi. Abbandono finalmente la strada e scendo fra i sassi infilandomi tra due pareti per risalire presto e rivedere il mare.

Ma è una bella giornata di primavera ed è festa e non posso sfuggire alla folla che percorre il mio stesso cammino costiero per la spiaggetta sul fondo dell’anfratto.
Nemmeno una discesa ripida e scivolosa ci ferma e ci troviamo in fila nel dirupo al passo dei più incerti a cercare col piede appoggi solidi per non franare con le pietre.


La spiaggetta è inclusa tra le rocce, delizia in un’alba qualunque, ma oggi invasa dalla nostra colonia umana rumorosa.
Anch’io sono folla e pertanto la seguo, bipede coperto da indumenti che cammina col gruppo, anche se non schiamazzo.

Ma è troppo freddo il mare oggi, immergo le mani, una dopo l’altra, desiderosa di buttarmici dentro, ma alla fine manco tolgo gli scarponi. Mi allungo invece sulla spiaggia e mi lascio scaldare dal sole e riempire di brezza.

Anche stavolta però la mia irrequietezza presto mi spinge a rialzarmi.
Quando riparto, risalita la scarpata lascio il sentiero per andare a vedere il mare dalla punta di scoglio che ci piomba a picco. Distesa blu-verde fino all’orizzonte, mentre dietro di me ecco la spiaggetta colma e le barche pesanti di folla che ci arrivano, ma senza fermarsi, via acqua per ammirare le gole selvagge. Quando la folla si muove incontra la folla.

Calanque d'En-Vau
Continuo dall’ultimo scoglio seguendo ora il profilo della riva rocciosa in tutti i suoi contorcimenti, dentro tra i cespugli mediterranei poi fuori a toccare di nuovo il mare. Passo su e giù tra i sassi e mi sforzo di dimenticare la folla che procede lineare sul sentiero più interno.

Ma è solo allontanandomi dalla costa che rimango quasi sola con la montagna e il mare. Pochi scelgono Marseilleveyre, la collina-montagna di Marsiglia, un percorso biancastro di sassi calcarei, fiorito di macchia mediterranea.

Verso Béouveyre
Ci arrivo dal picco gemello, Béouveyre, una settantina di metri più basso e una bellissima scarpinata fino al pianoro della cima.

Su Béouveyre, 366 metri ufficiali
Da qui vedo le scogliere dentellarsi sul mare in un gioco di acqua, sale, sole, vento e terra, e appena più a ovest vedo la croce che marca Marseilleveyre.
In un saliscendi attraverso altre rocce e arbusti ci punto e vi sbuco, un cocuzzolo arrotondato e accogliente, un po’ più popolato della montagna gemella, ma pieno di passaggi appartati dove sdraiarsi sui sassi e sprofondare.


A sud osservo il mare che incessantemente cerca le scogliere, dà, prende, rimescola, ritorna a scambiare.
Se mi volto, la grande Marsiglia dalle protuberanze incongrue grigiastre che mi immobilizzano i pensieri e allora, noncurante, scivolo ai moli e poi alle onde che mi trasportano di nuovo sugli scogli selvaggi.

Sulla cima di Marseilleveyre, 432 metri





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