Nella foresta, tra le rocce, sull'erba umida, attraverso le nuvole, fino a lanciare lo sguardo nell'azzurro, contando i picchi e gli strati e poi ancora una volta attratta dai ghiacciai.
La foresta prima, placida nel suo sonno appena iniziato, vi adagio i miei pensieri.
Le rocce biancastre oltre i rami sfrondati riverberano luce che per me diventa suono. Sensazioni di pietra liscia pungente spigolosa sotto i polpastrelli e i piedi, di spinte e appoggi che tutto assorbono rimandando energia.
Passo tra i sassi, ma poi c'è una scala per salire nell'aria senza toccare roccia, stretta al metallo freddo. A metà mi fermo: alla mia sinistra, file di spuntoni, cime, cocuzzoli a trapezio.
Poi, in alto, un passaggio sassoso si apre su un sentiero che penetra senza indugio nella nebbia e io con lui.
Chissà che cosa troverò salendo, se sarà bello o buono o nuovo.
Nel vapore che si dirada scorgo finalmente il picco. Sotto ancora nuvole, sopra il sole.
Rocce sulla cima, mi siedo in mezzo a strati di pinnacoli, cocuzzoli, saliscendi e sul lato opposto la calamita dei ghiacciai con quella cresta a strapiombo che da qui solo indovino, appiccicando al suo profilo le immagini ad alta intensità di vita nella mia mente.
Pic de Mémises, 1674 m. |
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