mercoledì 7 settembre 2016

La prossima montagna


Nelle Alpi Pennine, verso i ghiacciai di Brunegg e Turtmann
Il respiro si regola sul passo, il passo si regola sul tipo di terreno e sulla sua pendenza. Le mie partenze sono lente ma ho imparato ad avere pazienza, mi appoggio sulla terra quella frazione di secondo in più per prolungare il respiro e assumere il ritmo.
Oggi punto alla cima affusolata che osservo spesso dalla valle ad occhi aperti o chiusi. Elegante e bella come una persona con la pelle un po' segnata, le membra un po' legnose e lo sguardo addolcito dalla passione onesta di vita ora in parte appagata. Montagna antica.

Nel chiarore del primo mattino scruto la sua vetta mentre percorro l'erta che mi condurrà al passo. Sono assorta e rispondo bisbigliando ai richiami un po' assonnati al mio passaggio. Al passo mi fermo qualche istante a guardare, curiosa, il versante opposto che finisce in un laghetto. Ma mi rivolgo ad est e riparto in salita.

Ora il mio ritmo è sostenuto quel tanto per riempirmi d'aria ad ogni passo fino a fluttuare verso l'alto, come se rotolassi in su spinta dal pendio. Nessuna fatica e arrivo a un piano, l'ultimo prima del tratto ripido finale, l'accesso non scontato alla vetta.
Vuoi davvero andarci? Questo è il "colle dei pigri": se quell'ultima rampa scivolosa ti scoraggia, puoi fermarti qui in qualche anfratto che la montagna ti offre e poi, riprese le forze, scendere a valle.

Ma già mi sono lanciata sulle pietre sdrucciolevoli. Mi muovo in un saliscendi, il terreno cede sotto il mio peso e mi riporta un poco in giù ad ogni tentativo di avanzare. Fatica ora, fatica doppia! Continuo, guardando a terra e non la meta che ora mi pare lontana e così vado fuori strada finendo in un canale di granelli fini.
"Che cosa stai facendo?!" mi rimprovero e, accorta, attraverso il pendio orizzontalmente e ritorno alla traccia.

Continua il saliscendi, fino alla prima roccia: lì mi appoggio, l'accarezzo un attimo poi tiro. Da qui solo spuntoni, fessure e incavi dove fissare piedi e mani, la mia cadenza diventa più lenta per stabilizzare ogni battere e levare e arrivo sulla cima! L'abbraccio grata.
Osservo le sue frastagliature, respiro il sole e il vento che l'inondano, sento sotto le dita le sue ruvidità e levigature, quella "pelle" segnata e sapiente.

Poi guardo più in là. Una conca, un bozzolo roccioso, una lingua ghiacciata, una montagna dal profilo a trapezio...
Riprendo inarrestabile il cammino, quella montagna oltre la conca, con le striature rossastre e la cima ampia mi chiama.



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