sabato 20 dicembre 2014

Marrakech e la partita al rilancio con il mercante berbero

Arrivata da poco a Marrakech, me ne sto andando tranquillamente verso la piazza Jemaâ-el-Fna. Sto seguendo un largo viale dove il traffico di auto è molto intenso e i pedoni pochi. Qualcuno a un tratto mi supera a destra, si volta verso di me e senza smettere di camminare mi chiede:

” Vai a Jemaâ-el-Fna?" 

 
Mi giro anch’io e mi trovo davanti un uomo anziano in tunica bianca che mi guarda. Ha proprio parlato con me.

“Sì” rispondo, pure io sempre camminando.

È troppo presto – continua lui - non c’è nessuno adesso. La vita là comincia più tardi, più o meno alle 5 e si va avanti fino alle 2. Va’ alla Medina invece, oggi è giovedì e c’è il mercato berbero, c’è solo una volta alla settimana”.

“Ah sì? E dov’ è?”

“Gira a sinistra al prossimo incrocio – mi risponde – va’ in fondo a quella strada, poi chiedi. C’è anche una terrazza panoramica, fattela indicare, puoi vedere tutta Marrakech…”
Lo ringrazio, ci salutiamo e ciascuno continua sulla propria strada, lui diritto, io a sinistra.
Piazza Jemaâ-el-Fna vista dalla terrazza di un caffé
Arrivo alla Medina, mi guardo attorno, non c’è molta gente in giro, è ancora presto nel pomeriggio. Mentre cammino senza sapere dove sto andando, un altro uomo mi passa accanto e senza fermarsi mi dice:

” Oggi niente sole eh?”
“No, poco per ora…” rispondo.

Sto ancora pensando stupita al fatto di come qui la gente parli agli sconosciuti senza speciali secondi fini apparenti, quando decido di chiedere informazioni proprio a lui che ora è già qualche passo davanti a me e se ne sta andando per i fatti propri.
 
“Il mercato?” risponde “Non sono sicuro che oggi ci sia”.
“Sì, mi hanno detto che c’è il giovedì”
“Eeh non c’è spesso, non sono mai sicuro di quando arrivano… comunque è proprio vicino a casa mia, ti accompagno".

Dubbio: “vicino a casa mia??” Sento una corda tendersi in me. Secondi fini?? 

“Qui non è zona turistica” mi dice, tanto per tranquillizzarmi “ti piacerà, fa’ tutte le foto che vuoi, qui sei come nel tuo paese, puoi fotografare tutto quello che ti piace. Dai, prendi la macchina, ce l’hai no?”

“Ok… vuole vedere la mia bella macchina… – penso io – non è chissà che… però… ci tengo…”
Comincio a sentirmi una babbea.
 
Ma lui continua:
“Fermati dove ti va, fotografa, io ti accompagno. Per me non c’è problema, io sono sposato, ho quattro figlie. Non è bene, ci vuole il maschio. Le donne vogliono almeno una figlia femmina, l’uomo vuole un maschio”.
Evito commenti.

“Ora chiamo mia moglie per dirle che sto arrivando” e si mette al telefonino.

Dubbio: chi chiama??

Resta pochi secondi al telefono parlando arabo con toni assolutamente neutri che mi lasciano nel dubbio e, nonostante aguzzi l’udito con, credo, nonchalance, non colgo nessun suono dal ricevitore: nessuna idea della voce con cui ha parlato.
 
Arriviamo presto in una piccola piazza abbastanza animata e mi conduce verso un edificio del colore della sabbia:
“Vieni, andiamo a vedere se il mercato c’è”.
La porta è aperta spalancata sulla strada, entro. Mi rendo conto che la situazione non è ancora completamente sotto controllo, ma per ora istintivamente mi fido e per questo lo seguo.
All’interno la luce è poca, non ci sono finestre nel piccolo ingresso, ma una scala stretta che sale e gira. La imbocchiamo. In cima alla prima rampa c’è una stanza, anche qui la porta è aperta ed entriamo.

“Salam” dice la mia “guida” a un uomo seduto dietro un tavolo in mezzo agli oggetti più svariati disposti su scaffali e ripiani a riempire tutta la stanza.

“Salam” risponde l’altro e poi parte una conversazione in arabo tra i due con qualche occhiata rivolta da entrambi ai miei riguardi.
 
Ricambio i loro sguardi cercando di mostrare loro quanto sono all’erta, tanto per impensierirli…

“Oggi il mercato è proprio aperto!” mi dice ora la “guida”, “Ma prima saliamo in terrazza per vedere Marrakech!"
Evidentemente è davvero l’attrazione del mercato, io non gliene avevo parlato della vista panoramica.

Riprendiamo le scale, lui davanti, io a seguire perché lo spazio è stretto, su per alcuni piani fino al tetto piatto dell’edificio, cioè alla terrazza.
“Guarda, tutta Marrakech!” mi mostra ammirato.
Osservo facendo il giro completo su di me: case, tetti, palme, antenne.
Marrakech dalla terrazza del mercato berbero

Primo piano dalla terrazza
“Impressionante!” esclamo per non deluderlo e faccio pure qualche foto.

Restiamo qualche minuto ma presto mi toccherà ridiscendere al mercato, spero che sia arrivato qualche altro cliente…

Ritornati alla stanza più sotto, il mercante mi viene incontro, visibilmente contento di rivedermi:
“Ah, guarda quante cose abbiamo, tutto artigianale, fatto da famiglie che vivono fuori città, tante sono donne senza marito e con bambini e questo è uno dei pochi guadagni che hanno…”

Ok, la carta dell’impietosire, penso. Lo ascolto annuendo.

“Ma prima che tu guardi che cosa abbiamo, beviamo un te, qui si fa così”.

“Io devo andare a casa” interviene la mia “guida” “ritorno più tardi” e se ne va.

Ok, mi lascia sola a bere il te. Ancora non c’è controllo totale della situazione, ma ancora non sono in allarme. Ritorno a rivolgermi al mercante.

Lui chiama ora qualcuno in arabo e arriva una donna dalla stanza accanto con un vassoio su cui ha messo tre bicchieri e due teiere.
 “Zucchero?” mi chiede.
“No, grazie”.
“Meglio, anche noi non lo mettiamo perché è già dolce, sa di datteri e zafferano”.

Mescola i due te in ogni bicchiere e poi facciamo tutti e tre un brindisi.
Il te è molto profumato e ora che ho visto che non sono sola ma c’è un’altra donna mi sento più calma e lo bevo assaporandolo, così dolce e aromatico, a piccoli frequenti sorsi.

Il mercante prende a guardarmi con fermezza, sta per passare agli affari.
Rigirando in mano il suo bicchierino di te mi spiega:
“Qui si usa che si scelgono due o tre pezzi e poi si discute il prezzo. Ciascuno di noi farà tre proposte di prezzo dopodiché ci si dà la mano e si conclude l’accordo, oppure ci si dà la mano e ci si saluta con un sorriso. Semplice, senza problemi”.

Ascolto inebriata dal te, lui parla, io bevo.
“Quindi guarda con calma tutto quello che abbiamo qui, sicuramente ti piaceranno tante cose”.
Già – penso, sempre sorseggiando e assorbendo il te profumato – e poi realizzo.

Babbea! Dubbio tremendo!!

Io ho già bevuto mezzo bicchiere di te e lui no! Ha solo portato il bicchiere alla bocca senza bere!

Con risolutezza allontano allora il bicchiere dalle labbra e rivolgo tutta la mia attenzione alla mia testa: mi gira?? Mi sento un po’ appannata. Forse mi gira un po’…!
Un’immagine di me senza sensi che viene portata nella stanza accanto sorretta dalla ”amichevole” donna compare del mercante balena nella mia mente, poi da lì la scena si sposta in un istante nel deserto in una notte chiara, non mi ci vedo ma mi ci sento mentre osservo incredula dove mi hanno portata... ma immediatamente scaccio il pensiero e mi alzo. Devo affrettarmi e non perdere i sensi.

“Bene, allora guardo che cosa avete”.


Una volta in piedi me ne rendo subito conto: la testa non mi gira. Solo potere di suggestione.

Osservo i vari oggetti in vendita, bigiotteria, scatole, borsine. Niente mi colpisce, ma per gentilezza scelgo un braccialetto ad anelli multipli.
“E’ argento” mi assicura il mercante mentre vi rovescia sopra una polvere e poi sfrega “vedi che diventa lucido?"
“Mi piace, quant’è?” chiedo io sbrigativa.
“Nooooo!” sbotta lui scandalizzato “Si scelgono due o tre oggetti e POI si discute il prezzo!” 
“Mannaggia!” penso e ritorno tra la mercanzia.

Boh, non saprei. Se prendo due braccialetti magari mi dice che non vale, che gli oggetti devono essere diversi, evitiamo ulteriori prolungamenti. Scorro i vari articoli, mi sposto verso la ceramica e mi soffermo su una serie di barattoli e vasi chiaramente non nuovi, decorati a disegni geometrici a molteplici colori pastello.

“Quelli sono molto belli” dice il mercante “sono antichi, almeno 50 anni”.

“Wow” penso. Ma sono carini e ne scelgo un paio.
“Se ti piacciono li mettiamo sul tavolo con il braccialetto” mi incoraggia.
Bene. Sono a quota tre, forse mi lascia contrattare. Mi sposto timidamente verso il tavolo e lui mi segue e ci sediamo.

Prendo tempo, fingo di studiare assorta gli oggetti che ho scelto come stessi valutando chissà quali caratteristiche, poi dico:
“Non posso comperarli tutti e tre, scelgo il bracciale e questo vaso”.
Lui sposta l’altro vaso di lato senza obiezioni. Poi prende un foglio di carta e ci traccia una tabella: una riga verticale e tre righe orizzontali che incrociandola si dividono a metà. Nelle colonne in alto scrive i numeri 1 e 2, poi sotto 1 (che lo rappresenta) scrive 1600.

Quella è la sua prima richiesta per i due pezzi.
Mi passa il foglio amichevolmente e con aria soddisfatta ” Ecco, ora a te, fa’ un’offerta secondo il tuo budget, non c’è problema, noi Marocchini non ci offendiamo”.

Non ci penso un secondo e nella mia colonna a lato della sua proposta scrivo 300.

“Nooooo!” quasi grida sconcertato “300 è il prezzo del solo braccialetto! Ma che offerta fai? E il vaso è ceramica antica, va’ nel suq, vedrai a che prezzi trovi le antichità…!”

Ma riprende la penna pronto a rilanciare e nella seconda riga della sua colonna scrive 1400. 
Pondero, mi mostro riflessiva, poi scrivo 400 e gli passo il foglio.

“Nooooo!” tuona stavolta un po’ irritato (ma non ha detto che non si sarebbe offeso? – penso io, ancora un po’ diffidente). E gioco la carta dell’ingenua turista inconsapevole:
“Ma la mia offerta è secondo il mio budget…” quasi piagnucolo.

“Va bene” si calma lui “ proprio perché sei gentile ti faccio una terza offerta veramente ottima”.
Riprende la penna e scrive sulla terza riga: 1000.
“Però…” penso “dai 1600 iniziali è già sceso a 1000… forse gli ho offerto troppo in partenza…” ma ormai il gioco è partito e si continua da dove siamo…

Mi passa la penna e io scrivo 500.
Guarda il foglio “Nooo…” ripete ora più pacato, tra l’offesa e il compatimento per la mia miseria. E io continuo sulla difensiva:
“Mi scusi – mugolo implorante di comprensione – non la voglio insultare, ma è secondo il mio budget…”
“Il mio budget” è la frase magica, il metro di giudizio che lui stesso mi aveva suggerito e io continuo a invocarlo a sottolineare che sto seguendo le sue direttive.

Risoluto ma con occhi compassionevoli dichiara: “No, grazie”.

La trattativa sembra finita, visto, piaciuto ma non acquistato, lui mi prende la mano che io stringo per terminare ufficialmente la discussione e salutarci, ma lui non molla:
“Senti, proprio perché mi sei simpatica, ti faccio eccezionalmente una quarta proposta” proclama fissandomi qualche secondo cercando di mostrarmi il suo apprezzamento e farmi capire quanto sono privilegiata.
Poi solennemente scrive nella sua colonna: 900.
Sono sempre più incredula e convinta che qualunque offerta gli farò ora sarà comunque troppo alta. Però il gioco sta continuando e allora scrivo: 550.

“Nooo!” ripete, stavolta ridendo e mi dà la mano a suggellare la fine della trattiva. Poi chiama la donna che ci aveva portato il te:
“Avvolgi questo!” le ordina indicando l’antichità.
È d’accordo?! Sono completamente stupita e, cercando di capire, penso che per quel prezzo mi darà solo il vaso, come se avessimo trattato solo quello.
Ma un attimo dopo mi chiede porgendomi il braccialetto:
“E questo, lo metti subito?”

Dopo pochi minuti sono di nuovo nella piazzetta con i miei acquisti e la mia “guida” ancora al mio fianco, perché è ritornata proprio mentre stavo per concludere l’affare.
“Perché non vai alla farmacia?” mi invita mostrandomi una bottega pochi passi più in là “vedrai quante spezie e erbe, prodotti marocchini che difficilmente trovi altrove”. 
Sbircio all’interno, dove tra cesti e barattoli noto un ragazzo niente male che ci sta osservando. 
“Chiedi al farmacista di spiegarti ” mi suggerisce indicandolo “è mio figlio…”
 


 








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