Dopo una breve sosta a una malga, ci avviamo a piedi lungo un bel sentiero ondulato che spesso si impenna alternativamente in salita e in discesa. Alla forcella Venegia, ci aspetta un gruppo di mucche sonnolente nell’aria ancora fresca del mattino, sparse lungo tutta la terrazza di fronte alle Pale di San Martino.
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Alla forcella Venegia (2216 m.) con le Pale di San Martino |
Da qui saliamo di nuovo anche per tratti ripidi fin là dove l’erba non cresce più: sassi e terra, poi pietraie, poi rocce e rocce.
L’ambiente è minerale e primordiale, lì c’è l’origine, lì c’è l’essenza, il nucleo comune.
Comincio a dimenticare.
Arrivati a un’altra piccola forcella, ci affacciamo sul versante opposto. Il mio sguardo spicca un balzo e poi si lascia andare, fluttuando tra le rocce biancastre, sempre solo rocce e rocce.
Il rifugio Mulaz è proprio là in mezzo, manifestazione umana dell’essenza, qui ad essa un po’ più simile perché più vicina all’origine.
Lo trovo stupendo.
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Il rifugio Volpi al Mulaz in mezzo alle rocce, 2571 m. |
Il pomeriggio è ancora giovane e, scesa al rifugio e tirato un poco il fiato, mi avvio, spalle e passo alleggeriti, verso il monte Mulaz.
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Il gruppo del Focobon attornia il rifugio Mulaz |
C’è una campana sulla cima del Mulaz, fissata a una cornice metallica adornata di sassi.
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Le Dolomiti dal rifugio Mulaz |